Studio Medico Destefanis

 

 
 
 

Alcol: cenni di Storia

 
     
 

L'utilizzo delle bevande alcoliche, vino e birra, è antichissimo. Si stima che già le popolazioni preistoriche facessero uso di bevande alcoliche derivate dalla fermentazione della frutta. Verosimilmente si trattò di scoperte casuali legate a fenomeni di fermentazione naturale su residui di frutta avariata, dimenticati all'interno dei contenutori dell'epoca.

All'avvio dell'agricoltura e dei processi di coltivazione dei cereali si deve lo sviluppo della Birra: tavolette mesopotamiche antiche 6000 anni riportano ricette illustrate per la produzione di questa bevanda alcolica.

Altri documenti dimostrano la pratica corrente di utilizzo del vino e della birra ai tempi dell'atico Egitto. Il vino veniva utilizzato nelle pratiche mediche sfruttando le sue proprietà antisettiche, la birra invece veniva largamente utilizzata come bevanda dal potere nutritivo; sembra che ne facessero uso anche gli schiavi addetti alla costruzione delle piramidi. Nel codice di Hammurabi, risalente al 1800 a.c., si possono trovare alcune norme per regolamentare il commercio del vino.

Uno dei motivi che hanno determinato la grande diffusione delle bevande alcoliche nelle epoche antiche è sicuramente da ricondurre ai timori legati al consumo dell'acqua. L'acqua veniva vista come veicolo di diffusione delle malattie e il difficile reperimento di acqua potabile, cioè acqua da utilizzare in sicurezza come bevanda, ne limitava notevolemnte il consumo. Diversamente in Oriente, dove si è consolidata fin dall'antichità la pratica della bollitura dell'acqua per la preparazione del the, si è stabilito il suo utilizzo in sicurezza che ha notevolmente ridotto la diffusione delle bevande alcoliche.

Dalla Mesopotamia, via Creta, la conoscenza del vino raggiunse la grande civiltà Greca. Nelle opere di Omero, Iliade e Odissea, si trovano vari riferimenti a tipi di vino diversi. I greci contribuirono enormente allo sviluppo delle tecniche di coltivazione della vite e produzione del vino. Per loro il consumo del vino era sinonimo di civiltà, in contrapposizione al consumo di birra, tipico delle popolazioni "barbare". Il vino era elemento essenziale di uno degli eventi sociali più importanti, il Simposio (letteralmente "bere insieme"), momento sociale in cui si riunivano in una stanza un certo numero di persone, comodamente sdraiate, per bere e discutere. I greci tributavano onori a Dionisio, Dio del vino. In questo caso venivano enfatizzate le proprietà afrodisiache e di ispirazione artistica che il consumo di vino stimolava.

Nella Bibbia si possono trovare riferimenti al vino già nell'antico testamento, mentre nel vangelo si assiste alla sacralizzazione della bevanda che viene identificata con il sangue di Cristo.

La tecnica di coltivazione della vite giunse in Italia probabilmente intorno al primo millennio A.C.. Prima in Sicilia, ad opera dei Fenici e poi in Italia centro-settentrionale ad opera degli Etruschi. La penisola si dimostrò adattissima alla coltivazione della vite, che si diffuse rapidamente.

Nella civiltà Etrusca il vino rivestiva un ruolo molto importante, dalla quotidianità alla spiritualità: erna diffuse le pratiche religiose in onore di Fufluns, il corrispettivo etrusco di Bacco, Dio del Vino. Negli affreschi delle tombe etrusche, in mezzo a figure danzanti si trovano spesso altre figure che brindano. In altri affreschi si vedono figure intente al gioco, per esempio ai dadi, che consumano anche delle bevande, probabilmente del vino. Gli etruschi furono sicuramente grandi produttori ed esportatori di vino. Imbarcazioni cariche di anfore vinarie solcavano il Tirreno dalla Sicilia alla Gallia meridionale. A Cap d'Antibes è stato trovato il relitto di una nave contenente circa 170 anfore di Vulci.

I Romani appresero le tecniche di coltivazione della vite e produzione del vino dagli Etruschi. Già nel periodo successivo alla Guerre Puniche si ritrova negli scritti di Catone il Censore un suggerimento alla coltivazione della vite. A differenza dei greci i Romani non identificarono il vino come droga legata ai riti religiosi ma come vera e propria bevanda legata al consumo dei pasti. Nei primi secoli la scarsa produzione limitarono il consumo del vino al solo ceto aristocratico, ma a partire dai primi secoli dopo Cristo la produzione vinicola crebbe enormemente il consumo di vino si diffuse in tutti i ceti sociali. Oltre al consumo interno fiorì anche l'esportazione che vide nel porto di Ostia in un centro nevralgico di commercio marittimo.

Descizioni delle procedure di produzione vinicola si ritrovano in numerosi scritti di varie epoche: nel "De Agricoltura" di Marco Porcio Catone, nel "Res Rusticae" di Marco Terenzio Varrone, nel "Naturalis Historia" di Plinio il Vecchio. La produzione romana annoverava decine di varietà vinicole, suddivise in vitigni da tavolo e da vino. Le produzioni di qualità più bassa erano destinate alle plebe, mentre quelle di miglior qualità spettavano all'aristocrazia. Le uve destinate ai vini migliori venivano raccolte in primavera, e sottoposte alla pigiatura nel "calcatorum", un locale apposito fornito di vasche in pietra o legno. Il vino veniva poi versato nelle anfore dal collo sottile e cilindrico, tappate con coperchi saldati con la pece, dove riposava per la stagionatura. Il Falerno, uno dei vini campani più rinomati, doveva stagionare per almeno 10 anni. Le anfore avevano in genere una capacità di 30 litri, e su di esse veniva impresso l'anno consolare, nonchè il nome del vino e del produttore.

Sempre in epoca romana si ritrovano le prime tracce del consumo in Europa della Birra, infatti Tacito, dalle sponde del Reno, contemplava con disgusto i truculenti e rissosi guerrieri Galli, sdraiati su pelli d'orso, ingurgitare enormi quantità di quella bevanda, che definva "barbaro vino di orzo". Catone e Plinio il Vecchio dichiaravano invece la birra bevanda nazionale delle genti germaniche.

 

Nel Medioevo, dopo la caduta dell'impero romano e la dominazione di popolazioni germaniche, nei territori precedentemente occupati dai romani la produzione di vino diminuì. Divenne, in alcuni casi, un'attività riservata ai monasteri, in quanto il vino era considerato indispensabile per la celebrazione eucaristica.

Al contrario in Germania si affinò e si perfezionò l'arte di preparare la birra; da lavorazione casalinga, essa diventò progressivamente di preparazione quasi industriale. Gradatamente si abbandona l'uso del tino di coccio e si comincia ad usare il recipiente di rame che conferisce alla birra caratteristiche più raffinate. La birra viene aromatizzata con rosmarino, ginepro, resine, e soltanto dal 1270 in poi si inizia ad utilizzare il luppolo di cui se ne scopre l’ottimo connubio con il malto d'orzo. Ogni produttore comunque si regola in materia come meglio preferisce, secondo il gusto personale o la convenienza economica (il luppolo era troppo costoso a quei tempi). Nel 1516, con il famoso editto di Guglielmo IV di Bavaria, viene stabilita una precisa regolamentazione per la corretta preparazione della birra.

A partire dal XII secolo tornò nuovamente a diffondersi la produzione di vino in Europa, specie in Francia, dove diventò il principale prodotto da esportazione.

L'estrema diffusione delle bevande alcoliche in Europa, a partire dall'epoca medioevale, trova sicuramente una sua giustificazione nei timori legati al consumo dell'acqua, oltre che al riconoscimento del potere nutritivo e "tonico" del alcol. Per moltissimi secoli in Europa non venne praticata la bollitura dell'acqua, diversamente da quanto avveniva in oriente, e quindi l'acqua venne vista con timore per il pericolo di trasmissione delle malattie. Questo fenomeno incise sicuramente sulla grande diffusione delle bevande alcoliche, vino e birra, generalmente a bassa gradazione, in tutti gli strati delle socità dell'epoca.

 

Con il Rinascimento, periodo storico in cui si diffusero i processi di urbanizzazione e crescita dell'economia, un maggiore livello di ricchezza in generale favorì il consumo di bevande alcoliche nella popolazione. La Chiesa cattolica, che pure interveniva in modo diretto su molteplici questioni "sociali", non prese mai posizione contro il consumo di alcol, ed anche la Riforma tacque su questo argomento.

A partire dal XVII secolo si sviluppò in Francia la produzione di bottiglie e ritornò in auge l'uso del tappo di sughero (dimenticato dal tempo dei romani) che rese possibile una migliore conservazione del vino. Fu a partire da questo periodo che si incominciò a produrre lo champagne, mentre commercianti inglesi parallelamente svilupparono la coltura delle viti nella valle del Douro in Portogallo.

 

In epoca moderna prese l'avvio la produzione vinicola nei territori extraeuropei: in Cile nel XVI secolo, in Sudafrica nel XVII, in America nel XVIII e in Australia nel XIX.

Dal 1863 in poi, la viticoltura europea subì la devastazione della fillossera, un insetto che provoca il disseccamento delle foglie e attacca le radici della vite. La fillossera proveniva dall'America, e fu proprio da lì che giunse anche la soluzione del problema: dal 1880 in poi si innestarono vitigni americani resistenti alla fillossera sulla Vitis vinifera europea.

 

Durante la prima metà del XX secolo, la coltivazione della vite e la produzione di vino subirono un crollo, a causa dei conflitti politici e delle guerre, contrassegnato anche da problemi di adulterazioni, frodi e sovrapproduzione. La sovrapproduzione rimane ancora oggi un grave problema, fondamentalmente irrisolto per tutta l'Europa, anche se, specie per i prodotti DOC (a denominazione di origine controllata) e DOCG (a denominazione di origine controllata e garantita), vengono stabilite quantità massime di produzione per ettaro.

 

La seconda metà del XX secolo ha segnato importanti progressi tecnici sia nella viticoltura, sia nella vinificazione e ha visto una crescente diffusione di queste attività in tutto il mondo.

 

 

 

 

 

 

© SMD - Ultima mod.26 Luglio 2011