Revisione totale della nota con
determinazione AIFA del 14/11/2012 pubblicata G.U. n.277 del
27/11/12
Ultima revisione con determinazione
AIFA del 26/03/2013 pubblicata G.U. n.83 del 09/04/13
Ultima revisione con determinazione AIFA del
19/06/2014 pubblicata G.U. n.156 del 08/07/14
Approfondimenti e basi teoriche
della nota
1) Ipercolesterolemia non
corretta dalla sola dieta e ipercolesterolemia poligenica
La tabella
in box definisce i criteri per l’ammissione iniziale dei pazienti
alla terapia rimborsabile, associando alla stratificazione del
rischio il relativo target
terapeutico
(TT)
e, in funzione di entrambi, la relativa proposta di trattamento
rimborsabile.
Solo dopo
tre mesi di dieta e di modifica dello stile di vita adeguatamente
proposta al paziente ed eseguita in modo corretto, dopo aver escluso
le
dislipidemie
dovute ad altre patologie (ad esempio l’ipotiroidismo) si può
valutare l’inizio della terapia farmacologica. La terapia dovrebbe
tuttavia essere intrapresa contemporaneamente alla modifica dello
stile di vita nei pazienti a rischio molto alto con livelli di C-LDL
> 70 mg/dl e in quelli a rischio alto con livelli di LDL-C > 100
mg/dl.
L’uso dei
farmaci ipolipemizzanti deve essere continuativo e non occasionale
così come la modifica dello stile di vita. E’ inoltre
raccomandabile, nell’ambito
di ciascuna classe di farmaci, la scelta dell’opzione terapeutica
meno costosa.
Accanto a
ciascun target terapeutico la nota 13 identifica il trattamento di
prima scelta per la terapia d'ingresso. E' sempre necessario
assicurare l'ottimizzazione del dosaggio della statina prima di
prendere in considerazione la sua sostituzione o la sua
associazione. L'impiego di farmaci di seconda ed eventualmente terza
scelta può essere ammesso solo quando il trattamento di prima linea
a dosaggio adeguato e per un congruo periodo di tempo si sia
dimostrato insufficiente al raggiungimento della riduzione attesa
del colesterolo LDL e/o della riduzione di almeno il 50% del
colesterolo LDL o abbia indotto effetti collaterali.
Al fine
dell'appropriatezza prescrittiva, che tiene nel dovuto conto
soprattutto il migliore trattamento del paziente con l'obiettivo di
prevenire gli eventi CV, sarà essenziale il monitoraggio clinico per
poter documentare il momento e le cause che richiedono la
sostituzione della terapia o la sua associazione con altri farmaci.
Per i
pazienti con dislipidemia aterogenica (TG > 200 mg/dl, HDL < 34
mg/dl) e per quelli con ipertrigliceridemia i farmaci di seconda
linea da somministrare in associazione alle statine sono i fibrati.
Tra questi, il farmaco di prima scelta è il fenofibrato per la
maggior sicurezza di uso nei pazienti in terapia con statine; la
combinazione di statine e gemfibrozil è invece associata ad un
aumentato rischio di miopatia.
La nota 13
ha riconsiderato, su aggiornate basi farmaco-terapeutiche, il ruolo
dell’associazione tra ezetimibe e statine; infatti l’ezetimibe è un
farmaco che
inibisce
l’assorbimento del colesterolo e che, utilizzato in monoterapia,
riduce i livelli di LDL-C dal 15% al 22% dei valori di base.
Mentre il
ruolo dell’ezetimibe in monoterapia nei pazienti con elevati livelli
di LDL-C è, perciò, molto limitato, l’azione dell’ezetimibe è
complementare a
quella delle
statine; infatti le statine che riducono la biosintesi del
colesterolo, tendono ad aumentare il suo assorbimento a livello
intestinale; l’ezetimibe
che inibisce
l’assorbimento intestinale di colesterolo tende ad aumentare la sua
biosintesi a livello epatico.
Per questo
motivo, l’ezetimibe in associazione ad una statina può determinare
una ulteriore riduzione di LDL-C (indipendentemente dalla statina
utilizzata
e dalla sua
posologia) del 15%-20%. Quindi, l’associazione tra ezetimibe e
statine sia in forma precostituita che estemporanea è utile e
rimborsata dal SSN
solo nei
pazienti nei quali le statine a dose considerata ottimale non
consentono di raggiungere il target terapeutico.
Nei pazienti
che siano intolleranti alle statine è altresì ammessa, a carico del
SSN, la monoterapia con ezetimibe.
La seguente
figura presenta l’entità della riduzione del colesterolo LDL
ottenibile con le diverse statine ai diversi dosaggi disponibili in
commercio.
Grafico
della riduzione percentuale del colesterolo LDL adattato dal
documento del NHS Foundation Trust "Guidelines on statin
prescribing in the prevention of cardiovascular disease" (2006).
I principi attivi più efficaci sono
sulla sinistra del grafico (A=atorvastatina, F=fluvastatina,
P=pravastatina, R=rosuvastatina, S=simvastatina, L=lovastatina. La
dose è indicata dopo la lettera che indica il farmaco)
Classificazione in base al livello di
rischio
In accordo
con le Linee Guida dell’ESC/EAS per il trattamento della
dislipidemia, e dei successivi aggiornamenti (Atherosclerosis,
2012), è stato possibile procedere a una stratificazione del
rischio (e relativa identificazione del TT) come di seguito
specificato.
I
pazienti con risk score < 1% per CVD fatale a 10 anni (vedi carta
del rischio allegata) sono
considerati a rischio basso. Il trattamento
di tali pazienti consiste nella modifica dello stile di vita. I
pazienti con risk score ≥ 1% e < 4% sono da considerare a rischio
medio, per tali pazienti è
indicata la modifica dello stile di vita per almeno 6
mesi prima di prendere in esame il trattamento farmacologico. I
pazienti con
risk score 4-5% sono considerati a rischio moderato.
Sono da
considerare pazienti a rischio alto, oltre a coloro che presentano
un
risk score ≥ 5% e < 10% per CVD fatale a 10 anni, i pazienti con
dislipidemie familiari o con ipertensione severa, i pazienti
diabetici senza fattori di rischio CV e senza danno d'organo, e i
pazienti con IRC moderata (FG 30-59 ml/min/1.73m2). Sono infine da considerarsi
individui a rischio molto alto, oltre ai soggetti con uno score tra >10%,
i pazienti con malattia coronarica (CHD), stroke ischemico,
arteriopatie periferiche (PAD), pregresso infarto, bypass
aorto-coronarico, i pazienti diabetici con uno o più fattori di
rischio CV e/o markers di danno d'organo (come la microalbuminuria),
i pazienti con IRC grave (FG 15-29 ml/min/1.73m2).
Particolari categorie di pazienti
Pazienti di età > 65
anni.
In accordo alle
raccomandazioni delle linee guida, in considerazione dei risultati
dello studio PROSPER, nonchè delle metanalisi in cui è stata
valutata l'efficacia delle statine nei pazienti anziani, il
trattamento con farmaci ipolipemizzanti nei pazienti con età > 65
anni con aumentato rischio cardiovascolare è da considerarsi
rimborsabile dal SSN. La rimborsabilità si intende estesa, in
prevenzione primaria, fino agli 80 anni. Oltre tale età, invece, non
esistono evidenze sufficienti a sostegno dell'opportunità del
trattamento. Nei pazienti con età > 65 anni ma con evidenza di
malattia coronarica, vascolare o diabete mellito la rimborsabilità
dei farmaci ipolipemizzanti è a carico del SSN per definizione,
dovendosi considerare questi pazienti in prevenzione secondaria.
-
Per
quanto riguarda i pazienti diabetici va considerato che in
questa tipologia di pazienti le LDL sono impoverite in
colesterolo e arricchite in
trigliceridi; pertanto il dosaggio del colesterolo LDL non
fornisce una adeguata informazione sul suo reale valore e quindi
anche sul TT che deve essere
raggiunto. In questi pazienti dovrebbe quindi essere considerato
anche il dosaggio dell'ApoB sia per stabilire il momento di
inizio della terapia,
sia per quanto riguarda il TT da raggiungere (< 80 mg/dl nei
pazienti diabetici). L'ApoB infatti è
indicativo del numero di particelle circolanti dato che ogni
particella di LDL contiene
una molecola di ApoB. Il dosaggio dell’ApoB sarebbe utile anche
nei soggetti con sindrome metabolica e nei pazienti con
insufficienza renale
cronica. Il colesterolo non HDL, inoltre, la cui determinazione
può essere utile se non è possibile il dosaggio dell’Apo B, si
calcola
facilmente dal colesterolo totale (TC) meno HDL-C.
-
Anche
isolati elevati livelli di trigliceridi costituiscono un fattore
di rischio. Recenti meta-analisi hanno infatti dimostrato che
l’aumento dei
trigliceridi aumenta il rischio CV anche dopo aggiustamento per
le variabili interferenti incluso il colesterolo HDL. Le ragioni
del rischio associate ad una
trigliceridemia >150 mg/dl sono verosimilmente da attribuire a 2
fattori: 1) persistenza in circolo di lp remnants post/prandiali
ad alta
potenzialità aterogena per l’elevato contenuto in colesterolo e
captazione da parte dei macrofagi; 2) modificazioni compositive
che inducono sulle altre lp
in particolare sulle LDL.
Altre
categorie di pazienti a rischio sono le seguenti:
2)
Dislipidemie familiari
Le dislipidemie familiari
sono malattie su base genetica caratterizzate da elevati livelli di
alcune frazioni lipidiche plasmatiche e, spesso da una grave e
precoce insorgenza di malattie CV.
Le dislipidemie erano classicamente distinte secondo la
classificazione di Frederickson, basata sull'individuazione delle
frazioni lipoproteiche aumentate; questa classificazione è oggi in
parte superata da una classificazione genotipica, basata
sull'identificazione delle alterazioni geniche responsabili.
Ad oggi non sono tuttavia definiti criteri internazionali
consolidati per la diagnosi molecolare di tutte le principali
dislipidemie familiari e l'applicabilità clinica pratica di tali
criteri è comunque limitata: il loro riconoscimento va quindi
effettuato impiegando algoritmi diagnostici che si basano sulla
combinazione di criteri biochimici, clinici ed anamnestici. E'
essenziale per la diagnosi di dislipidemia familiare escludere
preliminannente tutte le forme di iperlipidemia secondaria o da
farmaci.
Tra le dislipidemia familiari dominanti e recessive che più frequentemente si associano ad
un rischio aumentato di cardiopatia ischemia prematura, vanno
ricordate le ipercolesterolemie familiari autosomiche dominanti
(ADH1, ADH2, ADH3) e recessive,
l'iperlipidemia familiare combinata (FCH), la disbetalipoproteinemia e le
gravi iperchilomicronemie / ipertrigliceridemie, come indicate nel
box con il relativo difetto genico. In tutti questi pazienti
l'obiettivo primario della terapia è di portare la colesterolemia a
valori più bassi possibile.
Rimandando
alle Linee Guida dell’ESC/EAS per una descrizione più dettagliata
dei criteri diagnostici, ai fini dell’appropriatezza prescrittiva
dei medicinali in Nota 13 si riportano di seguito i principali
criteri clinici per la diagnosi delle forme familiari più comuni.
Ipercolesterolemia
familiare monogenica, o FH
Malattia genetica (con
prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1:500) frequentemente
dovuta a mutazioni del gene che codifica il recettore delle LDL.
Benché una diagnosi certa sia ottenibile solamente mediante
metodiche di analisi molecolare (oggi possibili presso centri
specializzati), questa dislipidemia, nella pratica
clinica, può essere diagnosticata con ragionevole certezza mediante
un complesso di criteri biochimici, clinici ed anamnestici. I
cardini di questi criteri, sostanzialmente condivisi da tutti gli
algoritmi diagnostici proposti, includono:
In assenza di
informazioni sul profilo lipidico dei familiari il sospetto è molto
forte se insieme alla colesterolemia LDL superiore a 190 si
osservano:
-
presenza di
xantomatosi tendinea nel probando
oppure
-
un'anamnesi positiva
per cardiopatia ischemica precoce (prima dei 55 anni negli
uomini, prima dei 60 nelle donne) nel probando o nei familiari
di I e II grado (nonni, genitori. fratelli) o la presenza di
grave ipercolesterolernia in figli in età prepubere.
Dati recenti suggeriscono
che un appropriato trattamento dei pazienti con ipercolesterolemia
familiare conduce ad un sostanziale abbattimento del loro eccesso di
rischio cardiovascolare.
Iperlipidemia
combinata familiare, o FCH
Questa malattia (con
prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1-2:100) è caratterizzata da
una importante variabilità fenotipica ed è collegata a numerose
variazioni genetiche, con meccanismi fisiopatologici apparentemente
legati ad un'iperproduzione di apo B-100, e quindi delle VLDL.
I criteri diagnostici sui quali è presente un consenso sono:
più
In assenza di documentazione sui familiari, la dislipidemia
familiare è fortemente sospetta in presenza anamnestica o
clinica o strumentale di arteriosclerosi precoce.
È indispensabile per la validità della diagnosi di iperlipidemia
combinata familiare escludere le famiglie in cui siano presenti
unicamente ipercolesterolemia o ipertrigliceridemia.
Disbetalipoproteinemia familiare
Patologia molto rara (con
prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1:10.000) che si manifesta in
soggetti omozigoti per l'isoforma E2 dell'apolipoproteina E. La
patologia si manifesta in realtà solamente in una piccola
percentuale dei pazienti E2/E2, per motivi non ancora ben noti.
I criteri diagnostici includono valori sia di
colesterolemia che di trigliceridemia intorno ai 400-500 mg/dl più presenza di
larga banda beta, da fusione delle bande VLDL ed LDL, alla
elettroforesi delle lipoproteine.
La presenza di uno di
questi fattori aumenta la validità della diagnosi:
3)
Iperlipidemie in pazienti con insufficienza renale cronica (IRC)
Per il
trattamento ipocolesterolemizzante dei pazienti con insufficienza
renale (eGFR <60 ml/min/1.73m2) è necessario prestare attenzione alla
scelta della terapia a
seconda del grado di insufficienza renale.
Le statine
si sono dimostrate efficaci nel ridurre gli eventi cardiovascolari
nei pazienti con insufficienza renale cronica, di ridurre la
proteinuria e di rallentare
la progressione della malattia renale.
Tutte le
statine sono prevalentemente escrete attraverso il fegato nelle vie
biliari e quindi con le feci nell'intestino. Una parte minore, meno
del 13 %, viene eliminata
attraverso il rene, in percentuale diversa a seconda della statina ( Goodman
and Gilman's The Pharmacological Basis of Therapeutics,
1996, pag.887).
Nei pazienti
con IRC in stadio 5 (GFR < 15 ml/min o in trattamento sostitutivo
della funzione renale) le evidenze attuali, desunte dai pochi studi
di intervento
pubblicati, non sono favorevoli al trattamento della dislipidemia.
Il recente risultato dello studio AURORA, che valutava l’effetto di
rosuvastatina in una popolazione di pazienti con IRC allo stadio
finale, ha dimostrato che, a fronte di una riduzione del LDL-C, il
trattamento con statina non
era associato ad una riduzione dell’end-point combinato di IMA,
stroke e morte cardiovascolare.
4)
Iperlipidemia indotte da farmaci (immunosoppressori, antiretrovirali
e inibitori della aromatasi)
Un incremento del
colesterolo totale e delle frazioni a basso peso molecoiare (LDL e
VLDL), dei TG e dell'apolipoproteina B sono stati riscontrati:
-
nel
60-80% dei pazienti sottoposti a trapianto di cuore e che ricevono
una terapia immunosoppressiva standard comprensiva di steroidi,
ciclosporina e azatioprina,
-
nel 45% dei pazienti sottoposti a
trapianto di fegato,
-
in una percentuale di pazienti sottoposti a
trapianto di rene che a seconda delle varie casistiche considerate
arriva fino al 60%.
Numerosi studi effettuati su campioni di
popolazione di adeguata numerosità hanno consentito di dimostrare la
correlazione tra iperlipidemia e lo sviluppo di aterosclerosi e
conseguentemente di malattia cardiovascolare. L'iperlipidemia indotta
dai farmaci inununosoppressivi, inoltre, accelera lo sviluppo della
cosiddetta GVC (graft coronary vasculopathy), una forma di
aterosclerosi coronarica accelerata che rappresenta la più comune
causa di morte tardiva post-trapianto di cuore e che si riscontra in
questi pazienti con un'incidenza annua pari al 10%.
Alla luce di questi dati
nella pratica clinica l'utilizzo di farmaci ipolipemizzanti nei
pazienti sottoposti a trapianto di organo solido si è reso
indispensabile laddove l'utilizzo di un regime dietetico controllato
a basso contenuto di colesterolo e la riduzione di eventuali
ulteriori fattori di rischio cardiovascolare modificabili non sia
stata sufficiente per mantenere i valori di colesterolemia entro i
limiti consigliati e laddove non sia proponibile l'utilizzo di uno
schema alternativo di terapia antirigetto.
Nei pazienti con infezione da HIV, a seguito dell'introduzione della
HAART (terapia antiretrovirale di combinazione ad alta efficacia), è
frequente l'insorgenza di dislipidemia indotta dai farmaci
antiretrovirali che, nel tempo, può contribuire ad un aumento
dell'incidenza di eventi cardio-vascolari, sviluppabili anche in
giovane età.
Da studi di coorte prospettici, se pur non tutti concordi, emerge un
rischio relativo di eventi ischemici vascolari pari a circa 1.25 per
anno con incremento progressivo e proporzionale alla durata di
esposizione alla terapia antiretrovirale. La prevalenza di
dislipidemia nei pazienti HIV positivi è variabile in rapporto al
tipo di terapia antiretrovirale, comunque è intorno al 25% per la
colesterolemia e oltre il 30% per l'ipertrigliceridemia (indotta in
particolare dall'interferone).
Alla luce di questi dati, nella
pratica clinica l'utilizzo di farmaci ipolipemizzanti nei pazienti
con infezione da HIV in trattamento antiretrovirale si è reso
necessario, laddove la riduzione dei fattori di rischio
cardiovascolare "modificabili" non si riveli sufficiente e laddove, per motivi clinici e/o virologici, non
sia sostituibile la terapia antiretrovirale in atto. In questi casi
si possono utilizzare statine di 2° livello.
Nei pazienti in trattamento con farmaci
anti-retrovirali il trattamento con simvastatina è controindicato.
E' stato
dimostrato che gli inibitori dell'aromatasi (anastrazolo, letrozolo
ed esemestane) possono aumentare il livello del colesterolo sierico
in meno del 7% dei pazienti
trattati. Poiché l'anastrazolo a dosi molto elevate è un inibitore
del CYP1A2, CYP3A4 e CYP2C8/9 ed il letrazolo è un modesto inibitore
del CYP2C19, se
tali inibitori dell'aromatasi sono associati alla rosuvastatina, si
può osservare una ridotta attivazione o un ridotto metabolimo della
rosuvastatina. Essendo la pravastatina un debole induttore del
CYP3A4 riduce i livelli plasmatici dei su citati inibitori
dell'aromatasi.
5) Prosecuzione
del trattamento con statine nell’ambito di terapie di combinazione
con farmaci non ipolipemizzanti.
Sono ammesse alla rimborsabilità le seguenti combinazioni di
principi attivi a dose fissa limitatamente a pazienti adulti affetti
da dislipidemie già incluse
nella Nota 13 ed esclusivamente nei casi in cui il paziente sia già
adeguatamente trattato e controllato dall’assunzione contemporanea
ed estemporanea dei medesimi principi attivi, agli stessi dosaggi,
presenti nelle combinazioni fisse, in aderenza alle indicazioni
terapeutiche riportate nei rispettivi RCP
- atorvastatina, perindopril e amlodipina
- rosuvastatina e amlodipina
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