Si tratta probabilmente della malattia più antica di cui
si abbia notizia. La parola "rabbia" deriva dal
sanscrito "rabbahs", che significa "fare violenza". La
Rabbia è una malattia infettiva provocata da un virus
appartenente alla famiglia dei rabdovirus,
genere Lyssavirus. Colpisce animali selvatici e
domestici e si può trasmettere all’uomo (zoonosi) e ad
altri animali attraverso il contatto con saliva degli
animali malati, quindi attraverso morsi, ferite, graffi,
soluzioni di continuo della cute o contatto con mucose
anche integre. Il cane, per il ciclo urbano, e la volpe,
per il ciclo silvestre, sono attualmente gli animali
maggiormente interessati sotto il profilo
epidemiologico.
Nell'uomo la malattia si manifesta con una encefalite
invariabilmente fatale. : una volta che i sintomi della
malattia si manifestano, la rabbia ha ormai già un
percorso fatale sia per gli animali che per l’uomo. Il
periodo di incubazione è molto variabile da pochi giorni
a molti anni; nel 75% dei casi la malattia si manifesta
nei primi 90 giorni dal morso infettante. Senza cure
intensive la morte arriva entro una settimana. I sintomi
iniziali sono quelli di una malattia virale aspecifica e
coinvolgono il sistema respiratorio, gastrointestinale e
il sistema nervoso centrale. Successivamente la malattia
può evolvere in due forme a decorso acuto: La forma
furiosa (75 % dei casi) caratterizzata da disturbi
psicomotori eccitativi nei quali spiccano la perdita del
senso dell’orientamento, vagabondaggio, accessi di
iperattività talora a carattere furioso. Negli animali
si possono avere alterazioni della fonesi e perdita di
saliva, sintomo strettamente correlato alla potenziale
diffusione del contagio. L’epilogo della malattia è
caratterizzato dai segni progressivi di paralisi della
muscolatura, fino al coma e alla morte. La forma
paralitica (25 % dei casi), nella quale compare la
paralisi progressiva senza le manifestazioni di
aggressività che caratterizzano la forma furiosa. Per
l'identificazione di un caso di rabbia attenzione
particolare deve essere posta alle turbe del
comportamento, a fenomeni di aggressività da parte di
animali normalmente mansueti o viceversa, e a modifiche
della fonesi. Questi sintomi sono ovviamente più
facilmente rilevabili da chi, come il proprietario di un
animale domestico d’affezione (cane, gatto), vive a
continuo contatto con l'animale, che quindi diventa un
elemento importante per la sorveglianza e la prevenzione
della malattia.
ITALIA: L'Italia, dichiarata indenne da rabbia urbana nel 1973, ha sperimentato dal 1977 al 1995 la periodica reintroduzione della rabbia silvestre in corrispondenza delle regioni dell'arco alpino confinanti con Austria, Jugoslavia, Svizzera e Francia. L'attuazione in Europa, a partire dal 1977, di campagne di vaccinazione antirabbica sperimentale per via orale delle volpi (specie maggiormente interessata dall'epizoozia) e, dal 1984 anche nei territori dell'Italia settentrionale colpiti da rabbia silvestre, fu in grado di determinare l'estinzione di tutti i focolai epizoozici nel 1986. Negli anni successivi dal 1988 al 1995 sono stati individuati ancora nuovi focolai in Friuli Venezia Giulia, in prossimità del confine jugoslavo, nel Sud-Tirolo, e in comuni della Provincia di Bolzano. Dal dicembre 1995 non vengono più registrati casi di rabbia silvestre in Italia.
Per quanto riguarda invece casi di Rabbia nell'uomo in Italia si sono verificati soli due casi isolati di malattia da importazione: nel 1977 un caso di rabbia umana, importato dall’India, era stato osservato nella Regione Emilia-Romagna, mentre nel 1996 è deceduto presso l’Ospedale per le Malattie Infettive di Venezia un uomo di 32 anni, morso poche settimane prima da un cucciolo di randagio mentre si trovava in viaggio con la moglie in Nepal. (Fonte Ministero della Salute).