Fase 1: in natura, i virus
influenzali circolano continuamente tra gli
animali, soprattutto negli uccelli. Per
questo motivo, potendosi trasformare in
virus pandemici, almeno in teoria, nella
fase 1 viene compresa la situazione in cui
non viene riportata alcuna infezione
all’uomo da parte dei virus che circolano
tra gli animali.
Fase 2: riguarda tutte
quelle situazioni in cui un virus
influenzale di origine animale, diffuso in
animali domestici o selvatici, provoca casi
di infezione negli uomini. Questa situazione
è considerata una potenziale minaccia
pandemica.
Fase 3: comprende quelle
situazioni in cui un virus influenzale
animale o un virus riassortito umano-animale
provoca casi sporadici o numericamente
limitati di malattia tra gli uomini. Non ci
sono prove, però, di una capacità di
trasmissione da uomo a uomo tale da
sostenere epidemie nella comunità. Possono
verificarsi casi limitati di trasmissione
inter-umana solo in alcune circostanze (per
esempio, in caso di stretto contatto tra una
persona infetta e un operatore sanitario che
non adotta le opportune misure di
protezione). Questo, però, non significa
automaticamente che il virus abbia raggiunto
il livello di trasmissibilità tra gli uomini
necessario a provocare una pandemia.
Fase 4: è caratterizzata da
situazioni in cui sia provata la
trasmissione da uomo a uomo di un virus
influenzale animale o un virus riassortito
umano-animale capace di causare diffuse
epidemie nella popolazione. Si tratta di un
passaggio fondamentale, che rappresenta un
salto di qualità significativo rispetto al
rischio pandemico. Ogni Paese che sospetti o
che registri dei casi dovrebbe consultarsi
immediatamente con l’Oms, in modo che la
situazione possa essere valutata insieme e
che sia giustificata l’eventuale decisione,
da parte del Paese colpito, di mettere in
campo tutte le misure necessarie a contenere
rapidamente la pandemia. La fase 4
rappresenta una situazione caratterizzata da
un aumento significativo del rischio
pandemico, ma che non significa
necessariamente che la pandemia sia una
conclusione scontata.
Fase 5: è caratterizzata da
una diffusione interumana del virus in
almeno due Paesi di una delle Regioni Oms.
In questa fase la maggior parte dei Paesi
non è stata ancora colpita dall’infezione. È
però un chiaro segnale che una pandemia è
imminente e che è poco il tempo a
disposizione per organizzare, comunicare e
implementare le misure di contenimento
previste.
Fase 6: è la fase pandemica
propriamente detta. È caratterizzata dalla
presenza di epidemie nella popolazione in
almeno un altro Paese di una diversa Regione
Oms, oltre ai criteri già definiti nella
fase 5. L’annuncio della fase 6 significa
che è in corso una pandemia globale.
Durante il periodo immediatamente successivo
al picco, nella maggior parte dei Paesi
dotati di adeguati sistemi di sorveglianza i
livelli di influenza pandemica scendono
sotto il picco osservato. Ciò significa che
l’attività della pandemia inizia a calare.
Potrebbero però verificarsi ancora nuove
ondate: è quindi necessario che i Paesi
siano sempre pronti a fronteggiare una
seconda ondata pandemica.
Nelle scorse pandemie, ci sono state diverse
ondate di attività influenzale nel corso dei
mesi. Le diverse ondate pandemiche possono
essere separate anche da mesi di latenza: un
segnale di “passato pericolo” potrebbe
quindi essere prematuro in questa fase.
Nella fase post-pandemica,
l’attività dell’influenza ritorna a livelli
normali: ci si aspetta quindi che il virus
pandemico si comporti come un normale virus
dell’influenza stagionale. In questo momento
è importante mantenere alta la sorveglianza
e aggiornare i piani di preparazione e
risposta alla pandemia. È importante anche
avviare un’intensa fase di recupero e
valutazione.